Le serate di San Pietroburgo

Le serate di San Pietroburgo
Titolo originaleLes soirées de Saint-Pétersbourg
AutoreJoseph de Maistre
1ª ed. originale1821
1ª ed. italiana1823
Generedialogo
Sottogenereteologia, filosofia, apologetica, politica, esoterismo
Lingua originalefrancese

Le serate di San Pietroburgo o Colloqui sul governo temporale della Provvidenza (Les soirées de Saint-Pétersbourg, ou Entretiens sur le gouvernement temporel de la Providence), in alcune traduzioni italiane Le serate di Pietroburgo, Le veglie di San Pietroburgo o Le notti di Pietroburgo[1], è un dialogo[2], capolavoro letterario di Joseph de Maistre, pubblicato postumo dal figlio Rodolphe nel 1821. Nell'opera, suddivisa in undici colloqui fra tre personaggi immaginari, (il Conte, piemontese; il Senatore, russo; il più giovane Cavaliere, francese) si mettono in scena discussioni fra i tre detti personaggi, che si trovano ad affrontare i più svariati temi relativi al senso della vita, della morte e della storia, oltre che del bene e del male e delle loro conseguenze.

Probabilmente il personaggio del Conte è il de Maistre stesso e gli altri due personaggi sono ispirati a persone che l'autore conobbe durante il suo soggiorno a San Pietroburgo a causa dell'esilio patito a seguito dei successi napoleonici in Europa, anche se secondo alcuni il De Maistre sarebbe sia il Conte che il Senatore, rappresentandone il primo l'animo cattolico ed il secondo quello esoterico[3].

Il testo è spesso citato per il famoso "elogio del boia" presente al suo interno.

  1. ^ Le veglie di S. Pietro-Burgo: ossiano, Trattenimenti intorno al governo temporale della provvidenza seguiti da un trattato intorno ai sacrifizii
  2. ^ Tuttavia, all'interno dell'opera stessa, il De Maistre nega che si tratti di un dialogo o di una conversazione, affermando, invece, che si tratta di una raccolta di colloqui [in francese entretien], con queste parole: « Ve ne prego, non confondiamo i termini: quelli di conversazione, dialogo, e colloquio non sono sinonimi. La conversazione è di sua natura vagante, ella non ha mai uno scopo anteriore, dipende dalle circostanze; ammette un illimitato novero d’interlocutori. Converrò, dunque, se così vi aggrada, con voi, che non sarebbe fatta per darsi alle stampe, quand’anche la cosa fosse d’altronde possibile, a motivo di un certo scompiglio di pensieri, conseguenza delle bizzarre transizioni, onde siamo non di rado spinti a parlare nello stesso quarto d’ora della esistenza di Dio e della commedia. Ma il colloquio è molto più savio: esso suppone un argomento, che sia importante. Mi pare, inoltre, che il colloquio sia sottoposto alle regole dell’arte drammatica, le quali non ammettono un quarto interlocutore. Questa regola è naturale. Se avessimo fra noi un quarto ci sarebbe di non lieve imbarazzo. Quanto al dialogo, questo vocabolo non altro rappresenta che una finzione; poiché suppone una conversazione che non è mai esistita. È un'opera puramente artificiale: quindi se ne possono, scrivere quanti se ne vorranno: è una composizione come qualunque altra, la quale, come Minerva dal cervello di Giove, nasce interamente formata dal cervello dello scrittore; e i dialoghi dei morti, che hanno resa celebre più di una penna, sono tanto reali e tanto probabili, quanto quelli dei vivi pubblicati da altri autori. Cotal genere, dunque, ci è del tutto estraneo ». (Ottavo Colloquio)
  3. ^ A. Cattabiani, prefazione a Le Serate di Pietroburgo, Rusconi, Milano, 1971: « Ma il Conte non rispecchia completamente il pensiero dell'Autore; il Conte esprime al Senatore (incarnazione di Joseph De Maistre esoterico) le obiezioni che un cattolico troppo prudente potrebbe fare alle teorie del Senatore martinista ».

© MMXXIII Rich X Search. We shall prevail. All rights reserved. Rich X Search